Realtà leggenda o fantasia. Scopriamo insieme le nostre origini 

 

 

Un manoscritto datato 19/03/1910, redatto dall'Arciprete Don Michele Petta, ipotizza che in epoca sannito-romana, una "città dell'incontro" si estendesse sulle colline Padulatta, Filoseta, Veticaro, Piscine di Fabio, Padulo la Corte, Validea, Citerna e Vicende dell’incontro. Tale ipotesi pare sia suffragata dal rinvenimento di alcuni reperti archeologici nei siti citati. Detta città, nata sul lato opposto del fiume Tammaro rispetto ad Altilia, veniva denominata Cornificia, per via dei Sanniti Pentri, che apponevano corna sull’elmo e fregiavano di corni d’oro e d’argento i loro prodi soldati. L’ipotesi non sembra tanto sostenibile per via del nome, troppo latino per essere usato dai Sanniti. Ancor più assurda pare l'ipotesi per cui il nome di Cornificia celebre poetessa, fosse stato imposto da Cornelio Silla famoso dittatore morto nel 78 A. C. Con maggiore probabilità è da ritenersi che la città si chiamasse Celsa (0 alta, elevata, sublime) dall'idea della montagna Universale che la sovrastava. Ciò è solo un’ipotesi e non abbiamo nessun elemento valevole per accertarci del nome dell’antica città. Sappiamo intanto che, nel 295 A. C. la celebre città di Sepino veniva espugnata dal console Lucio Papirio Cursore. Tito Livio enumera con compiacenza le vittime di Sepino in 7400 e non meno di 3000 prigionieri (storia romana libro X). Nello stesso periodo il generale di cavalleria, Fabio Rulliano, conquistò l’antica città (Celsa), alleata di Sepino. Fu probabilmente lo stesso Fabio lasciò il nome alla contrada ancor oggi denominata “Piscine di Fabio” e “Citerna di Fabio”.  Ad ogni modo è certo che nel 295 a. C., la città cadde nelle mani dei romani.

Vuole la tradizione che, durante la seconda guerra punica, gli abitanti dell'antica città, chiamati dai romani, si fossero recati a guerreggiare nelle Puglie e che i nemici, ne avessero approfittato per devastare l’intera regione. Aggiunge la tradizione che, l’esercito sannitico romano, comandato da Numerio Decimo, ebbe uno scontro con l’esercito di Annibale, che pronunciò il fatidico "Arx Maior" "Arx Minor",vicino alla città che in seguito a questo fatto venne denominata città dell’incontro. I superstiti si rifugiarono in parte sulla montagna più elevata, ove fondarono l’attuale paese di Cercemaggiore, ed in parte su una collina rocciosa più vicina (oggi Coste di S. Angelo), fondando l’attuale Cercepiccola ma assediati da una quantità straordinaria di formiche, fabbricarono dall’altra parte del torrente, sulla collina ove oggi sorge il paese. Della disfatta della città che diede origine ai due paesi, chiamati verso l'XI secolo "Quaercus Maior" e "Quaercus Minor", si hanno solo congetture. Qui si interrompono le argomentazioni del Petta sull'origine del nome. Più attendibili sono le notizie riguardanti la dominazione di Cercepiccola dal secolo XIII al '900. Nel periodo angioino compare il nome “ Cerula Piccola”, a quanto è dato rilevare dal Minieri Riccio; mentre in un documento diplomatico del 1444, del periodo aragonese, viene indicata all’ambasciatore di Modena a Napoli con la dicitura “Zercha Pizola”. Il nome “Cerza”, accostato a "piccola", si rinviene in un documento a stampa del 1770, nel quale sono esposte le ragioni adottate innanzi al tribunale della regia camera di Napoli dall'avvocato Carlo Chiarizia, in difesa del convento di Santa Maria della Libera contro la comunità di Cercepiccola, in cui i due paesi vengono indicati rispettivamente Cerzamaggiore Cerzapiccola. Nel corso degli anni dalla dicitura "Cerza" si è passati a "Cercia Piccola", che compare in un atto del 1608, sino alla denominazione attuale. Ciò è avvenuto presumibilmente verso la metà del XIX secolo, allorché in numerosi documenti, specie atti notarili, compare l'attuale denominazione Cercepiccola. A riguardo citiamo un atto di compra-vendita del 1885, del notaio Nicola Vitone, che recita: "L'anno 1885, il giorno primo del mese di Dicembre, in Cercepiccola circondario di Campobasso....". Infine va ricordato il manoscritto di Piedimonte D'Alife, datato 1852, che attribuisce origini mitologiche al nome asserendo che sia stata la maga Circe a darne il nome. Poco veritiera appare tale affermazione al di là di una semplice assonanza, il tutto pare volutamente enfatizzato al fine di attrarre l'attenzione del lettore.     

 
 

Lo stemma del comune porta una quercia nel campo. Vuole la tradizione popolare che un grande tesoro sia stato interrato alle falde delle Coste di s. Angelo, nella crocevia orientale; un altro nelle grotte Pietraroia ed un terzo seppellito insieme con la figlia di un re nella sepolta chiesa di S. Angelo Sofia, ove il sig. Eugenio d’Alma iniziò gli scavi nel 1860, portando alla luce le due lapidi che furono trasportate nelle masserie La Vecchia. Gli scavi furono sospesi per l'eccessiva fuoriuscita d'acqua e mai più ripresi. Durante il medioevo Cercepiccola fu un feudo che passò, per vendite e successioni, a varie famiglie nobili fino ad arrivare ai Carafa che nel 1571 fecero costruire l’attuale palazzo ducale a pianta quadrangolare. Adiacente ad esso sorge la chiesa parrocchiale intitolata al SS.mo  Salvatore ricostruita nel 1950 unitamente alla torre campanaria risalente al 1200.

 

Le lapidi dissepolte nell’agro dell’attuale comune, raccolte ed illustrate dal CARABA, dal DRESSEL e da altri archeologi, indicano come Cercepiccola fosse abitata nell’epoca romana. Probabilmente accoglieva numerose ville dei patrizi della vicina Saepinum (Altilia), tanto più che il nome del comune indica il carattere campestre e silvano del sito.

Qui di seguito riportiamo le tre lapidi trascritte dalla biblioteca nazionale

2515 – Lapis magnus, Celsa ( imno Cerce ) piccola LVD – in principio vici in pariete medium quarumdam Dressel – grypus fedem imponeus in lucastra vasculum.

L. Neratio L. Prothymo sic Corona

Anterus tertius

Liberti P.F.                   Hic situs est

La famiglia NERAZIO era di Sepino. Si ricordano due celebri esponenti della famiglia. Lucio Nerazio Prisco che fu console, nell’anno 83 D. C., e insigne giure-consulto, tanto che nel digesto è ricordato 170 volte. Lucio Nerazio Marcello che fu anch’egli console nella Bretagna, sotto Traiano, questore ed infine senatore.

2501 – Quinto lapide a Sepino Antiquo – Cercepiccola fondo Lombardi, contrada “ Vicende dell’incontro “.

               C. Erenuius
               Mon. Canus (o Tanus)
               Et erenuia
               Felicula
               Erenuiae
               Filiae fecerunt
               Quod filia illis

               Facere debet

Evidentemente, si tratta di un monumento sepolcrale.

2530 – Propre Cercepiccola versus Cercemaggiore, contrada Vicende dell’incontro

C. PONTIO C. F V O LONGA

EX S. TESTAMENTO HS

ARBIT R ATUR

L. ACCI L. F. VOL. RAU

Questa iscrizione consta di due pezzi, il primo dei quali, copiato dal Caraba nel fondo Lombardi, non fu ritrovato dal Dressel; il secondo fu copiato nel fondo di Giovanni La Vecchi, ove ancora si trovava, quando fu redatto il volume IX del “Libri inscriptionum latinorum” della Biblioteca Nazionale, ed ora esposto nel Museo Provinciale Sannitico, sotto il numero 988 del catalogo n° 22 delle iscrizioni latine.

Si tratta di un monumento sepolcrale elevato a Caio Ponzio Longa, figlio di Gaio della tribù Voltine, nella quale erano iscritti i cittadini di Sepino, sotto la dizione di Lucio Accio Tauro, figlio di Lucio della tribù Voltinia, il quale era evidentemente l’esecutore testamentario. Si noti che questa famiglia era insigne per virtù e per valore. Dall’esame dunque di queste lapidi dobbiamo dedurre col Masciotta ( vol. II p. 152 ) che l’agro dell’attuale Cercepiccola, accoglieva intorno ai primi anni d. C. numerose ville dei patrizi della vicino Sepino.

 

 

Cercepiccola


Comunità Montana Matese