Saepinum – Sepino/Altilia

La città
Il villaggio sannitico che da tempo si era sviluppato ai piedi del Matese, nella piana del Tammaro ai lati del tratturo Pescasseroli-Candela, in epoca augustea ricevette una sistemazione urbanistica grazie alla volontà ed all’intervento diretto della casa imperiale. Agli inizi del I secolo d.C. risale la costruzione della maggior parte degli edifici pubblici più importanti e monumentali che si sono preservati fino ai nostri giorni, insieme alla sistemazione delle due strade principali – il cardo e il decumano –, ai monumenti funerari fuori dalle mura.
La città non ebbe una pianta quadrata molto regolare in quanto l’impianto urbano fu condizionato dalle preesistenze, ed in modo particolare dall’andamento del tratturo; essa tende piuttosto al romboidale ed il punto di incontro delle due arterie stradali non è a perfetto angolo retto né perfettamente centrale. A cura di Tiberio e Druso, figli adottivi di Augusto, furono costruite le mura, le porte e le torri, come ricorda l’iscrizione che era incisa sulle quattro porte, conservata integralmente solo su Porta Bojano. Il paramento della mura è in opera reticolata; nella stessa tecnica è realizzato il paramento delle circa trenta torri che a distanza regolare (100 piedi romani, pari a 29,60 metri) si distribuiscono lungo il percorso; solo un numero limitato di queste torri è a pianta ottagonale.

 

 

 

 

 

Le mura e le porte
Delle quattro porte - Porta Bojano e Porta Benevento allo sbocco del decumano, Porta Tammaro e Porta Terravecchia allo sbocco del cardo – tre conservano anche l'arco o parte di esso. Porta Bojano, meglio conservata delle altre, mostra con chiarezza tutti i suoi elementi costituitivi: un fornice, due torri circolari ai lati, piedritti di grossi blocchi ben squadrati, iscrizione commemorativa sull’arco. Quest’ultima si legge nella sua interezza: ricorda i due finanziatori della costruzione delle mura e le cariche da essi ricoperte: si tratta di Tiberio e Druso, figli di Augusto. L'iscrizione permette di datare tale opera tra il 2 a.C. ed il 4 d. C. In chiave di volta è raffigurata ad altorilievo una testa barbata che viene identificata come Ercole – sulla porta contrapposta la testa, coperta con elmo, viene indicata generalmente come Marte -. Ai lati del fornice, posanti sulla cornice dei piedritti, due figure di prigionieri vengono individuati come barbari a ricordo delle imprese belliche di Tiberio e Druso. Sul piedritto di destra di questa porta è inciso un noto rescritto imperiale che diffida i magistrati di Sepino dal continuare a esercitare soprusi e sottrazioni ai danni degli affittuari delle greggi imperiali che transitavano sul tratturo che attraversava la città.
All’interno della porta c’è una corte che verso l’esterno era chiusa da una saracinesca azionata dall’alto in una camera di manovra posizionata sul fornice, mentre verso l’interno una seconda chiusura doveva essere a doppio battente.

Le terme presso Porta Bojano
Dalla sommità di Porta Bojano, resa oggi accessibile da una scalinata, è possibile ammirare la maggior parte della città. Immediatamente a ridosso delle mura presso questa porta si trova una delle almeno tre terme – bagni pubblici - della città. Anche se non totalmente scavato, questo impianto termale si legge in alcuni dei suoi ambienti tipici, con gli accorgimenti tecnici necessari per assicurare nelle vasche acqua a diverse temperature. Visibile è la bocca del forno, come anche le suspensurae, cioè le colonnine sulle quali posava il pavimento pensile al di sotto del quale circolava l’aria calda, unitamente ai tubuli, cioè ai mattoni forati applicati alle pareti per gli stessi scopi. Due delle vasche hanno una parete absidata.
Oltre a queste terme, ne sono state identificate altre due: una, lungo il tratto di mura che va da Porta Terravecchia a Porta Benevento, è stata inglobata in un casale rurale ma anche in questo caso sono visibili le suspensurae, e un’altra era invece ubicata lungo il decumano affacciante sulla piazza con un porticato, anch’essa caratterizzata da ambienti a pareti curvilinee.

Gli edifici lungo il decumano da Porta Bojano al foro
Il decumano conserva il lastricato originario in quasi tutta la sua lunghezza; è fiancheggiato da crepidines (marciapiedi) soprelevate rispetto al piano stradale, alcuni blocchi delle quali recano chiare le impronte delle colonne che, evidentemente, sorreggevano un portico sul quale affacciavano le botteghe situate sulla strada. Gli ambienti abitativi erano invece ubicati sul retro.
Man mano che ci si avvicina al foro si infittiscono gli edifici monumentali a carattere pubblico: un edificio di culto, a pianta quadrata, preceduto da

un atrio con due pilastri, era probabilmente adibito al culto imperiale, seguito dal macellum, una struttura complessa destinata alla vendita di generi alimentari; questo edificio ha una pianta trapezoidale con una serie di botteghe lungo i margini, due delle quali affacciano direttamente sul decumano, altre aprono sulla parte centrale della struttura, che è a pianta esagonale ed ospita al centro una macina per frantoio che funge da vasca.

 

La basilica
La basilica, ossia il luogo dove si amministrava la giustizia, è l’edificio pubblico più importante posto lungo questo lato del decumano; essa si trova in posizione angolare in modo da affacciare con il lato corto sul decumano, con quello lungo sul cardo e sul foro. A pianta rettangolare, era articolata all’interno da un peristilio di venti colonne con fusto liscio, sormontate da capitelli variamente conformati; vi si accedeva dalla piazza mediante tre ingressi; un quarto ingresso apriva sul decumano. Grazie alle iscrizioni, si sa che questo edificio fu costruito a cura di Nevio Pansa verso la fine del I secolo d.C.; danneggiata gravemente dal terremoto che colpì il Sannio nel 346 d.C., essa fu ampiamente ristrutturata da Fabio Massimo, governatore della provincia, e dal suo successore Flavio Uranio intorno alla metà del IV secolo d. C.

Il foro
La forma trapezoidale del foro, situato all’incrocio tra cardo e decumano, è anch’essa determinata dalla non ortogonalità delle due arterie viarie. Si presenta lastricato con grosse lastre di pietra calcarea disposte su 82 filari ed è circondato da un canale –l’euripo – anch’esso in calcare, che convoglia le acque smaltendole nella rete fognaria. Sul foro affacciano importanti edifici pubblici; tra questi, oltre alla curia e al comizio, si è riconosciuto un grande arco onorario, del quale sono sopravvissuti numerosi blocchi dell’alzato e dell’iscrizione che lo coronava: il destinatario era personaggio di origini sepinati, Lucio Nerazio Prisco, illustre giureconsulto, consigliere degli imperatori Traiano ed Adriano. Altri monumenti e statue onorarie si trovavano nel foro; di questi restano le basi. Affaccia sul foro anche una delle fontane monumentali che si trovavano in città; è quella cosiddetta del Grifo, per via di un grifo scolpito a bassorilievo sulla lastra che coronava la fontana; l'iscrizione incisa sulla lastra ci rficorda che tale opera fu eseguita per volontà ed a spese di due magistrati municipali, Ennio Marso e Ennio Gallo.

 

 

 

 

 

Gli edifici lungo il decumano tra il foro e Porta Benevento
Immediatamente sul fronte della strada si riconosce, subito dopo la fontana del Grifo, un edificio con finalità industriali, indicato come mulino per via di un canale stretto ed allungato in cui confluiva l’acqua necessaria a dare alle mole l’energia per il movimento.

 

 

 

Più avanti, ma in posizione internata rispetto al decumano, è un altro laboratorio nel quale sono visibili dei grossi recipienti a cono capovolto, interrati al di sotto della quota pavimentale e con pareti ottenute con file di mattoncini. Vi è stata riconosciuta una conceria.
Dell’edilizia privata in questa parte della città si leggono case con impianto di tipo pompeiano; più di uno sono gli impluvi tipici degli atri delle case.

 

 

 

 

Il teatro
È situato verso l’angolo settentrionale della città, addossato alle mura. Le due sezioni della cavea (ima e parte della media cavea) sono conservate in tutti gli elementi compositivi, cioè grossi blocchi di pietra calcarea lavorata, mentre la parte alta della cavea ha lasciato il posto ad edifici rurali, ora recuperati per destinazione museale, che rispettano perfettamente l’andamento curvilineo del teatro. Anche gli edifici scenici ospitano ora un edificio rurale, mentre il proscenio conserva a vista l’alternasi di nicchie che dovevano ospitare in antico elementi decorativi (statue, pitture). Il piano dell’orchestra, di grosse lastre squadrate, è anch’esso perfettamente conservato.
L’ingresso all’edificio era assicurato da due massicci tetrapili contrapposti, la cui copertura è scomparsa ma si conservano i pilastri e gli archi.
Circonda il teatro un ambulacro che corre parallelo alle mura; attraverso di esso veniva facilitato l’afflusso ed il deflusso degli spettatori, che potevano utilizzare una porta "di sicurezza" aperta nella mura proprio in corrispondenza del teatro.
Questo teatro, anch’esso realizzato nell’ambito della sistemazione urbanistica dei primi tempi dell’epoca imperiale, poteva ospitare circa 3.000 spettatori.

Le necropoli
Come nel resto delle città romane dell’impero, anche a Sepino le necropoli si distribuiscono lungo le strade immediatamente al di fuori della città. Fuori Porta Bojano si conserva integro uno dei monumenti funerari più importanti, il mausoleo cosiddetto dei Numisi, il cui titolare era Publio Numisio Ligo; è di forma parallelepipeda su pianta quadrata, con cornice superiore coronata da palmette agli angoli. Dalla parte opposta, fuori Porta Benevento, è l’altro grande mausoleo, quello dei Marsi, di proprietà di Ennio Marso (lo stesso personaggio che fece costruire la fontana del Grifo). Ha una zoccolatura a pianta quadrata ornata ai quattro angoli da leoni a tutto tondo, con tamburo cilindrico che si eleva su questa base. L’iscrizione ricorda il proprietario in tutte le sue cariche e mostra le insegne del potere: i fasci e la sella curule.

 

 

 

 

 

 

 

Comunità Montana Matese