IL SANTUARIO DI ERCOLE CURINO
 

         Si possono avere giudizi diversi sulla copertura metallica a protezione del templio sannitico di Campochiaro. Le due falde in lamiera sorrette da una struttura in ferro sembrano state fatte, approfittando dell’esigenza di proteggere, per suggerire al visitatore la forma dell’edificio di culto e favorire, così, la comprensione del monumento archeologico.  Da un’altra angolazione questa copertura richiama quella di un capannone industriale o di un hangar. In ogni caso, si tratta di un manufatto non bellissimo e specialmente non in armonia con le caratteristiche ambientali del luogo.

Un ulteriore punto di vista è quello che vorrebbe che le opere di protezione dei resti archeologici siano le meno invasive possibili in modo da conservare la suggestione delle rovine, le quali hanno ispirato molti pittori nel XIX secolo. Con i recenti lavori di restauro sono stati costruiti alcuni simulacri di colonne rivestite in legno che non sono frutto dell’esibizionismo di un progettista, ma che vogliono fornire indicazioni al turista sull’elevato del tempio che si è conservato in misura assai limitata.

È tanto più significativo lo stato di deperimento dell’organismo architettonico, se si tiene conto che gli antichi sanniti non basavano certo a spese per realizzare templi. I materiali edilizi impiegati, come la pietra squadrata e lavorata, sono preziosi e, nonostante tutto, duraturi a differenza di quelli utilizzati per costruire le capanne contadine, il legno e le frasche, i quali sono facilmente deperibili.

 Il fatto che i templi dovessero essere immuni dallo sfacelo non è legato all’esigenza di esaltare il potere di qualche sovrano che ne avesse promosso la costruzione, ma è quello di permettere al popolo di identificarsi con un simbolo. Infatti il templio di Ercole fa parte di un’area sacra dove stagionalmente si svolgono grandi feste cerimoniali alle quali partecipa tutta la popolazione. Il sacro recinto di m. 150 x m. 125 circa diviso in due terrazze separate da un lungo edificio, quasi 80 metri, porticato e perciò capace di accogliere una folla enorme.

Le mura in opera poligonale più che proteggere questo speciale luogo lo isolano dal mondo profano, segnando esteticamente una distinzione tra il santuario e la campagna. Un santuario che come la vicina necropoli di località Cantoni deve avere origini molto antiche perché i fatti religiosi costituiscono i primi elementi stabili delle civiltà primordiali che erano dedite al nomadismo.

La datazione alla metà del II secolo a. C. va riferita perciò alla fase di costruzione del templio, mentre deve essere più remota la frequentazione di questo sito a scopo religioso. Ciò che è arrivata a noi è la situazione che doveva esserci nel I secolo d. C. quando il santuario cadde in abbandono.

Francesco Manfredi-Selvaggi

 



 

 

 

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