Il Tratturo
 

 L'ALPEGGIO E LA TRANSUMANZA

     

Seguire le antiche vie delle pecore significa scoprire una civiltà ormai scomparsa, oltre a rappresentare gradevoli gite naturalistiche. Occorre, pertanto, soffermarsi sui connotati dei due diversi tipi di economia pastorale presenti un tempo nel comprensorio del Matese per spiegare le differenze dei tragitti pedonali in questo ambito. Infatti, la nostra zona era interessata, nel tratto da S. Massimo a Sepino, dal passaggio del tratturo Pescasseroli-Candela che solcava il fondovalle e, contemporaneamente, dai sentieri che conducevano le bestie dalla pianura alla montagna. Attraverso il tratturo avveniva la transumanza, mentre i sentieri erano funzionali all’alpeggio. Alpeggio e transumanza sono ambedue forme di pastorizia, ma con profonde differenze fra di loro. Nella zona del Matese, caratterizzata ancora oggi dalla pratica dell'alpeggio, questa diversità viene fuori con evidenza.

La prima notazione da fare è di tipo generale ed è che mentre l'alpeggio è uno spostamento di greggi in verticale, dal piano al monte, la transumanza è, invece, uno spostamento di greggi in orizzontale, da una regione all'altra, lungo i tratturi. La seconda osservazione, anch'essa di carattere generale, è quella che l'alpeggio è uno spostamento di greggi di breve distanza, in genere nell'ambito di uno stesso comune, come succede nei paesi matesini, al contrario della transumanza la quale comporta uno spostamento a lunga distanza delle greggi che vengono condotte dall'Abruzzo alla Puglia, passando per il Molise.

Un terzo punto da sottolineare nell'esame delle differenze che intercorrono tra alpeggio e transumanza è che il primo è possibile solo dove pianura e montagna stanno vicini: questo è il caso del Matese con l'alta valle del Biferno proprio alle pendici dei monti e non quello dell'alto Molise che è un comprensorio essenzialmente montagnoso. È indispensabile per l'attività pastorale la complementarietà tra i pascoli di montagna, i quali possono essere sfruttati solo d'estate, e i prati della pianura che garantiscono l'alimento degli animali durante l'inverno; quando è possibile trovare tale complementarietà in un medesimo ambito territoriale si ha l'alpeggio, altrimenti è necessaria la transumanza per portare le greggi in lontane pianure, quelle pugliesi. Un quarto aspetto da osservare è che con l'alpeggio, almeno nella fascia matesina, le bestie nel periodo invernale sono ricoverate dentro le stalle e sono nutrite con il fieno tagliato nei prati (artificiali o naturali), mentre le pecore transumanti vengono lasciate libere nei pascoli del Tavoliere: ciò si spiega con il fatto che il clima invernale della piana cosiddetta di Boiano è, comunque, rigido, a differenza delle pianure pugliesi che hanno una temperatura più mite, la quale consente il pascolo all'aperto d'inverno. Si è detto prima che sul Matese si pratica l'alpeggio:
c'è, però, un'eccezione ed è costituita da Roccamandolfi e Castelpizzuto i quali avendo i loro territori comunali interamente montuosi devono obbligatoriamente effettuare la transumanza come i paesi altomolisani. Dopo questa precisazione riprendiamo l'esame delle differenze tra alpeggio e transumanza, passando a verificare perché l'alpeggio è sopravvissuto ed invece la transumanza è ormai sparita.
Una ragione è sicuramente quella che le nuove abitudini alimentari, predicate dai medici igienisti alla fine del secolo scorso, prevedono il consumo del latte fresco in quanto cibo completo perché supplisce eventuali carenze nella dieta di vitamine, proteine, ecc.; per avere il latte fresco ogni giorno nelle case la mungitura si deve fare nella stalla perché da qui può raggiungere subito e con regolarità il mercato. Con l'alpeggio, lo abbiamo visto, perlomeno d'inverno gli animali stanno in stalla. Nella transumanza la difficoltà di trasporto del latte porta alla sua intera trasformazione  in formaggi i quali possono conservarsi più a lungo. Un altro motivo che spiega la continuazione della pratica dell'alpeggio e l'abbandono della pastorizia transumante è sempre legato alla questione della stalla, la quale, a sua volta, è legata allo sviluppo delle colture foraggere che è una introduzione recente nella nostra agricoltura. Il foraggio assicura il nutrimento degli animali con una minore intensità di lavoro rispetto alla pastorizia tradizionale nella quale il numero di coloro che sono addetti ad accudire le bestie è di molto superiore alle unità lavorative che vengono impegnate nella coltivazione del foraggio, a parità di capi di bestiame da sostenere. Se quelle finora elencate sono le differenze tra l'alpeggio e la transumanza, vediamo adesso le cose che hanno in comune.

Cominciamo dalla considerazione che entrambi mirano ad integrare le risorse della montagna con quelle della pianura; vediamo, poi, che ambedue sono attività tipiche di comprensori montuosi perché tanto il Matese che l'alto Molise sono zone di montagna ed, anzi, costituiscono le attività prevalenti di queste zone. Infatti la pastorizia è l'economia più idonea per gli ambiti montagnosi perché in queste aree le condizioni climatiche non consentirebbero altre forme di economia, quale quella agricola. A costo di smentire quanto si è affermato in apertura si rileva che, nonostante ci siano differenze (evidenziate all'inizio) nella lunghezza del percorso che le greggi effettuano tra il piano e il monte, l'alpeggio e la transumanza sono tutt'e due forme di pastorizia che richiedono una relativamente corta distanza tra i pascoli di montagna e quelli di pianura; si deve sottolineare, a questo proposito, la specificità della conformazione orografica delle regioni interessate dalla transumanza, la quale perciò costituisce un fenomeno socio-economico particolare, caratterizzata da un susseguirsi di montagne, quelle appenniniche, e pianure, quelle costiere, in un breve spazio. È una situazione tipicamente dell'area mediterranea questa del mare vicino alla montagna con le pianure litoranee prossime agli altopiani che la fa riconoscibile perché del tutto diversa da quella di altri ambiti geografici. Ciò rende unica anche la nostra transumanza, che se esiste pure da altre parti lì essa non è la forma di pastorizia predominante, specialmente dove ci sono grandi pianure e distanti grandi montagne perché ciò richiede modalità di sfruttamento pastorale diverso.

Ritornando alle proposte escursionistiche si può verificare che i sentieri utilizzati dai pastori per condurre gli animali all’alpeggio, i quali collegano il Matese dal basso all’alto, sono diventati ottimi percorsi per chi voglia effettuare l’ascensione verso gli altipiani posti in quota. Non si tratta solo, come si è detto all’inizio, di un’attività fisica, quella della salita a piedi, ma anche di una riscoperta di importanti segni dell’uomo quali sono i tracciati pastorali. Per quanto riguarda il tratturo si può dire, dal punto di vista escursionistico, che non c’è mai un punto definito da cui partire né una meta lungo i 211 chilometri del Pescasseroli-Candela che collega l’Abruzzo con la Puglia. Ritorna in mente il nomadismo dei nostri progenitori i quali si muovevano senza tappe prefissate; anche per noi è obbligatorio, così come lo è stato per gli antichi, passare dal nomadismo alla transumanza che invece impone scadenze precise e termini di partenza e di arrivo definiti: di qui le tappe della «bretella della transumanza» del Sentiero Italia disegnata dal Club Alpino Italiano di Campobasso che definisce I tratti da percorrere e i punti di sosta degli itinerari lungo il tratturo.

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Francesco Manfredi Selvaggi

 






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Comunità Montana Matese