-“D’ ddo sì ? “ 
                -“D’ la Rocca” 
                -“Ah….Allora sì nù br’and’’’. 
                Ancora oggi Roccamandolfi viene ricordato 
                  come la patria dei briganti . In verità il paese è stato 
                  interessato da diversi fenomeni di brigantaggio favoriti dalle 
                  caratteristiche del territorio , che offriva sicuro rifugio . 
                Berlingieri ricorda episodi di rivolte 
                  sociali che videro coinvolti alcuni cittadini di Rocca già alla 
                  fine del ‘700 . Una delle figure di brigante , circondata da un 
                  alone di leggenda , è quella di Sabatino Lombardi detto il Maligno 
                  . Il povero Maligno non nacque brigante , lo divenne per reazione 
                  ad una serie di torti subiti . La sua vicenda ha inizio nel 1804 
                  con la fuga dalle carceri di Capua , ove era stato rinchiuso per 
                  un crimine non commesso . Unitosi ad altri briganti organizzò 
                  numerose scorrerie , la sua ferocia si scaricò contro la famiglia 
                  Cimino, responsabile delle sue disgrazie , nonché della morte 
                  della madre . 
                Venne ucciso nel 1812 in località Colle 
                  Castrilli ed il suo cadavere , si narra , venne trascinato per le 
                  vie del paese . La testa , staccata dal corpo , fu messa in una 
                  gabbia e appesa al campanile ove rimase fino al 1843. 
                Le reazioni filoborboniche del 1860 , estese 
                  tra l’altro a tutto il meridione , videro la partecipazione in 
                  prima persona di due figure notevoli di capobanda :Samuele Cimino 
                  e Domenicangelo Cecchino detto “ Rafaniello “i quali , dopo aver 
                  disarmato la Guardia Nazionale in Roccamandolfi e partecipato alla 
                  reazione di Isernia , furono costretti a darsi alla macchia sulle 
                  montagne del Matese. 
                Inizia così la lunga serie di delitti e 
                  malefatte della banda che , intanto , si era notevolmente 
                  ingrandita ; anche Marta , sorella di Cecchino , si unì ai banditi 
                  diventando la compagna di Cimino.Cimino morì , secondo la 
                  tradizione popolare raccolta dal Berlingieri , nell’agosto del 
                  1861 , ucciso dal cognato a causa di una lite scoppiata per motivi 
                  di gioco(fonti storiche più sicure ne indicano la morte nel 
                  novembre dello stesso anno alla foce del Saccione , ucciso in una 
                  imboscata insieme al giovane figlio Antonio ed ai suoi pochi 
                  compagni rimasti ).Anche Marta venne uccisa dalla stessa banda 
                  perché l’avanzata gravidanza era diventata di incomodo per gli 
                  improvvisi e veloci spostamenti dei compagni . Nei primi di 
                  settembre Cecchino veniva sorpreso in una grotta in località “Macchitelle”, 
                  dove si era rifugiato perché ferito durante un precedente scontro 
                  con la Guardia Nazionale .Condotto al paese da Attanasio De 
                  Filippis e Cusano Costantino venne fucilato sulla piazza il 4 
                  ottobre .Il brigantaggio dopo la morte di Cecchino e Cimino , 
                  perse quelle motivazioni politiche che lo avevano caratterizzato , 
                  degenerando in fenomeno di criminalità comune e marginale , ma non 
                  per questo i successori furono meno famosi per le loro scorrerie 
                  .La banda , divisa in due , fu guidata da nuovi capi “Pace” e 
                  “Guerra” ed in ultimo da Domenico Fuoco , che con pochi compagni 
                  visse undici anni nelle campagne e si fece temere nel Molise , in 
                  Terra di Lavoro e nel beneventano .  Raffaele De Filippis e 
                  Liberato Lombardi vennero uccisi in contrada Cimpuni nel marzo del 
                  1863 . la piazza del paese sarà la solita testimone dei macabri 
                  raccapriccianti spettacoli offerti alla sorpresa della popolazione 
                  . Verso la fine del gennaio del 1866 Domenico Fuoco compiva 
                  delitti inauditi ; in località Mulino di Scino” uccideva 
                  Gianfrancesco Giuseppe che tornava a Longano .Nella primavera 
                  dell’anno successivo in località “Campo le Fosse sterminò una 
                  intera famiglia .Mutilava i corpi dei malcapitati rappresentanti 
                  dell’ordine e inviava parti di esse alle autorità , schernendole e 
                  provocandole.Pietro di Marco detto il “ Vagabondo “, fu l’ultimo 
                  brigante di Roccamandolfi ,entrò nella banda di Guerra dopo aver 
                  assassinato la madre della propria innamorata perché questa non 
                  voleva dargliela in moglie . In località “Campo le Fosse “, sotto 
                  l’effetto dell’alcool , nel maggio del 1868 trucidò i fratelli 
                  Martelli , Cesare de Filippis e Gaetano Rizzi . Allora faceva 
                  parte della banda di Fuoco che di lì a poco dovette spostarsi per 
                  altra destinazione lasciandolo indietro perché ferito . Il sette 
                  agosto fu trovato da due suoi amici , Liberato Lombardi e Antonio 
                  de Castro che lo consegnarono al Comandante della Compagnia . 
                Venne fucilato nello stesso campo le Fosse e 
                  condotto riverso su un somaro , in paese. 
                Tratto dal Libro di Roccamandolfi              
                               
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