Tabella che colloca il matese nelle varie ere geologiche
 
I TEMPI DELLA TERRA
In rosso I TEMPI DEL MATESE
milioni di anni
ere
periodi
IL CRETACICO NEL MATESE
il tempo delle rudiste
8,01
NEOZOICO
OLOCENE
2
PLEISTOCENE

S
u
p
e
r
i
o
r
e

i
n
f
e
r
i
o
r
e

milioni di anni
epoche
età
5
CENOZOICO
PLIOCENE
65
75
SENONIANO
maastrichtiano
24
MIOCENE
36
OLOGOCENE
84
campaniano
55
EOCENE
88
santoniano
65
PALEOCONE
89
coniaciano
140
MESOZOICO
CRETACICO
92
TURONIANO
210
GIURASSICO
104
CENOMANIANO
248
TRIASSICO
286
PALEOZOICO
PREMIANO
360
CARBONIFERO
108
ALBIANO
410
DEVONICO
120
APTIANO
440
SILURICO
500
OROVICIANO
590
CAMBRICO
126
BARREMIANO
3500
PRECAMBRICO
PROTEROZOICO
140
NEOCOMIANO
4600
AZOICO
ARCHEOZOICO
Il paesaggio attuale.
I Monti del Matese (Fogli 161 IS; 162 CB; 172 CE; 173 BN della Carta Geologica d'Italia), allineati all'incirca NO-SE sul confine tra il Molise e la Campania per più di 50 chilometri, costituiscono un compatto massiccio carbonatico esteso per circa 1000 chilometri quadrati tra le province di Campobasso e Isernia nel Molise, Caserta e Benevento nella Campania.
Monte Miletto (m. 2050), La Gallinola (m. 1923), Monte Mutria (m.1823), sono le cime più alte che si collocano sulla linea dello spartiacque.
L'assetto globale e il modellamento del massiccio sono regolati sia da fattori tettonici, sia dalla costanza della litologia, rappresentata essenzialmente da facies calcaree stratificate anche in grosse bancate superanti spesso i due metri di spessore, sia dagli effetti dell'incessante erosione.
L'alta solubilità dei carbonati determina una fitta rete di cavità ipogee, specialmente in corrispondenza di piani di fratturazione e di stratificazione.
Dall' epigeo all' ipogeo si identificano solcature separate da sottili creste aguzze , docce, piccole cavità a fondo piatto, doline in formazione, canyons carsici, piccole polye con versanti ripidi, inghiottitoi, gallerie, pozzi, grotte, cavità di sbocco.
La natura carsica del massiccio produce in genere una scarsa idrografia di superficie, specialmente nel versante molisano. Lo scorrimento superficiale dell'acqua meteorica, infatti, è minima a causa della sua penetrazione nel reticolo delle fessure con stillicidio nelle escavazioni sottostanti fino alla falda freatica. Per tutta la sua lunghezza, da est ad ovest, il Matese si presenta grandioso in una alternanza di creste dentellate e dirupi inaccessibili, di lunghi pianalti , profonde valli e balze che rompono la china dei monti, di gole strette a pareti verticali e bastioni imponenti, di monoliti enormi e ammassi di detrito roccioso, di selve rigogliose e prati smaglianti di colori, di nevi immacolate e di acque scroscianti giù per i pendii in innumerevoli limpide cascatelle. Da migliaia di anni piante e animali vivono qui colonizzando una grande varietà di ambienti. Il lupo, il cinghiale, la volpe, la lepre, il gatto selvatico, la poiana, il falco, il gufo, tanto per citarne alcuni, sono gli animali singolari dei nostri monti. La genzianella, i profumatissimi 'serpillo' e 'non ti scordar di me', i crochi variopinti, il ginepro, il faggio, il castagno ed altre piante sono qui di casa. Il Matese è cosi' spettacolare da poter donare ad ogni visitatore un fervore e un sentimento diverso.

Il Matese non è soltanto questo.
Un suo aspetto particolare riguarda i fossili, documenti che, tramandatici dalla Natura, ci rendono testimonianza, in un colloquio col passato, della vita di esseri vissuti nel mare che occupava l'attuale Matese.
Osservare e studiare tali 'documenti' è un poco come rivivere quel passato che ci spinge a meditare su tanti problemi di grande interesse conoscitivo, quali, tra gli altri, quelli relativi alla nascita della Vita sulla Terra e alla evoluzione dei viventi attraverso il tempo.

Dal mare della Tetide alla montagna del Matese.
La storia geologica del Matese, a partire del Triassico (perché le sue rocce più antiche risalgono a quel tempo), strettamente correlata a quella più generale ma più esplicativa dell'Appennino centro-meridionale, viene qui descritta tenendo conto delle interpretazioni più documentate sulla evoluzione paleogeografia della regione.
Una particolare attenzione è posta alle conoscenze paleontologica e paleoecologica poiché l'interesse considerato in questo contesto è rivolto essenzialmente verso tali aspetti.

Letteratura.
La letteratura geologica e paleontologica relativa al Matese risulta molto carente almeno fino all'ultimo quindicennio del secolo scorso.
Se si eccettuano infatti le ricerche effettuate da O.G.Costa (1851 a; 1851 b; 1865; 1866), finalizzate non sempre esclusivamente al Matese, descrittive in parte della fauna fossile ad ittioliti, crostacei, anfibi e rettili di Pietraroja (Bn) con istituzione di numerose nuove specie, si devono attendere i lavori di F.Bassani (1885;1892) e di M.Cassetti (1893;1894;1895) perché gli studi sul Matese assumessero una certa rilevanza con una conoscenza alquanto precisa su alcune evidenze stratigrafiche e paleontologiche del Mesozoico.
Nei primi decenni del 1900 le ricerche si intensificano con i noti lavori di E.U. Fittipaldi (1900), C.F.Parona (1901;1911), F.Sacco (1910), A Galdieri (1913), G, d'Erasmo (1914-15), B. de Lorenzo (1937).
In particolare C.F.Parona per le Rudiste e E.U.Fittipaldi per i gasteropodi contribuiscono notevolmente alla conoscenza paleontologica dell'area di S.Polo Matese, mentre B.de Lorenzo effettua la prima interpretazione geologica del Matese su basi di totale autoctonia, come suggeriscono le classiche concezioni del tempo.
Tra il 1950 e il 1970, alla luce delle moderne vedute della Geologia (nuove interpretazioni strutturali e paleogeografiche), si attuano notevoli conoscenze sull'Appennino centro-meridionale..
R.Selli (1957;1962) studia la trasgressione del Miocene dall'Abruzzo alla Calabria, istituendo la "Formazione Cusano", la "Formazione Longano" e la "Formazione Pietraroja".
S.Sartoni e U.Crescenti (1962) effettuano ricerche biostratigrafiche sul Mesozoico dell' Appennino meridionale, istituendo alcune cenozone sul Matese.
F.Catenacci et alii (1962) istituiscono 9 complessi guida del Mesozoico nel Matese orientale.
B.D'Argenio (1963) studia il livello bauxitico medio-cretacico del Matese orientale.
F.Catenacci e M.Manfredini (1966) determinano l'età dei calcari selciferi ad ittioliti di Pietraroja in eteropia di facies dei calcari neritici del Barremiano- Albiano basale.
A.Ietto ( 1969) presenta un modello di ricostruzione paleogeografica del Matese dal Trias al Miocene , identificando la "Piattaforma Carbonatica del Matese" distinta da quella Laziale a nord , Campano-Lucana a sud.
Negli anni 70 ed 80 vengono effettuati importanti studi stratigrafico-strutturali e paleoecologici sull'Appennino centro-meridionale.

B.D'Argenio e P.Scandone (1970), T.Pescatore et alii (1970), B.D'Argenio et alii (1973) distinguono 3 piattaforme carbonatiche separate da bacini:
-Piattaforma Carbonatica Abruzzese-Campana,
- " " Lucana,
- " " Apulo-Garganica.
Il Matese è compreso nell'Unità Matese-Monte Maggiore della Piattaforma Carbonatica Abruzzese-Campana.
F.Ippolito e I.Sgrosso (1973) descrivono la Piattaforma Carbonatica Laziale.
B.D'Argenio et alii (1973) distinguono nell'Appennino meridionale 9 unità stratigrafico-strutturali corrispondenti ad altrettante unità paleogeografiche.

I.Sgrosso (1988) propone un nuovo modello paleogeografico dell'Appennino centro-meridionale nel quale vengono considerate le seguenti piattaforme carbonatiche intervallate da bacini:
-Piattaforma Apulo-Garganica,
- " Abruzzese-Molisana,
- " Abruzzese,
- " Laziale-Abruzzese,Campana,
- " Laziale-Campana-Lucana,
- " Campana-Lucana-Calabrese.
I bacini intercalanti le piattaforme sono:
-Bacino est-Garganico,
- " Molisano esterno,
- " " intermedio,
- " " interno,
- " Lagonegrese,
- " Tirrenico,
- " " interno.
Il Matese è presentato come la sintesi della deformazione di diversi domini paleogeografici (I.Sgrosso, 1988;1996).
Per la Paleontologia , dopo una lunga interruzione nell'attività di ricerca durata oltre sessanta anni , M.Mainelli (1975 a; 1975 b; 1983, 1988, 1990 a; 1990b, 1990 c; 1993 a; 1993b) riprende lo studio delle Rudiste istituendo nuove specie.
B.Accordi et alii (1982 a;1982 b) effettuano uno studio tettono-sedimentario e paleoecologico nel Cretacico del Matese nord-orientale.
B. D'Argenio et alii 1989; 1992) descrivono alcuni aspetti sedimentologici nel Cretacico inferiore del Matese.
G.Sirna (1989) descrive una nuova Ippurite.
In occasione del "2.nd International Conference on Rudists, Rome and Bari 1991" il Matese diventa meta di escursione paleontologica.
Nella "Conference" G.Accordi e F.Carbone (1990) descrivono la sedimentologia nel Cretacico dell'area nord-orientale del Matese; G.Accordi et alii (1990) delineano la colonizzazzione a Rudiste nel Cretacico del Matese nord-orientale; M.Mainelli (1990 a, 1990 b) istituisce una nuova Durania del Cenomaniano di Monte La Costa e propone una nuova sistematica sulle Rudiste.
Nella "3.th International Conference on Rudists, Mexico D.F., 1993" M.Mainelli (1993a; 1993b) istituisce un nuovo genere e due nuove specie rinvenute sul Matese. J.P.Masse et alii (1993) descrivono alcune Rudiste che si rilevano nella serie stratigrafica di Sbregavitelli nell'area del Lago del Matese. Nel 1994 D.Ruberti compie alcune osservazioni stratigrafiche sulla successione di Colle Salva Signore, a ridosso dell'abitato di S.Polo Matese.

Nelle vedute attuali.
La storia geologica del Matese, come si è detto, si inquadra in quella dell'Appennino centro-meridionale che nel Mesozoico e nella maggior parte del Cenozoico faceva parte del margine crostale della Tetide Africana (H.P.Laubsher, 1971; 1974), la cui evoluzione paleogeografica, determinata da movimenti di tipo trascorrente, rotazioni regionali e chiusura della Tetide, generati dalla pressione dell'Africa in senso NE, ha condotto all'attuale morfologia (Carbone e Lentini, 1990; Lentini et alii, 1990; Patacca et alii, 1990; Sgrosso, 1988; 1996).
In questo contesto il Massiccio del Matese, pur presentando una notevole unitarietà morfologica, evidenzia, secondo le ultime vedute (Sgrosso, 1996), una complessità strutturale che lo distingue essenzialmente in due unità tettoniche, quella del Matese Orientale, sovrapposta alle arenarie di Frosolone (Bacino Molisano), quella del Matese Nord-Occidentale sottoposta ad esse.
Le due unità si caratterizzano principalmente per
-la facies di transizione a bacino sul bordo settentrionale;
-la datazione differente dei primi sedimenti silico-clastici connessi alla differente evoluzione tettono-sedimentaria.
Il Matese Orientale , definito all'incirca dall'area compresa da Bojano a Monte Miletto, a Valle Agricola, a Cerreto Sannita, è costituito da una successione di oltre 3000 metri di terreni meso-cenozoici.
L'intervallo Trias superiore-Eocene inferiore è distinto da sedimenti carbonatici dolomizzati alla base, carbonatici quasi sempre biogeni a seguire, riferiti ad ambienti neritici di piattaforma, paragonabili , per caratteri sedimentari e distribuzione delle facies, all'attuale piattaforma carbonatica delle Bahamas.
Sui terreni carbonatici trasgrediscono concordanti quelli del Miocene delle Formazioni Cusano, Longano e Pietraroja (R. Selli, 1957).
Il Paleogene è quasi sempre assente.
Tutta la serie è segnata in genere da due lacune stratigrafiche, la prima medio Cretacica, distinta per lo più da un orizzonte bauxitico, la seconda rende il Miocene trasgressivo sul Cretacico superiore.
Il Matese Nord-occidentale è compreso nell'area chiusa dalla linea che da Monte Miletto arriva a Castelpetroso, a Isernia, alle statali 85 pp. e 158 pp., a Raviscanina; è costituito da una successione di terreni Trias superiore- Neogene per circa 3000 metri di spessore.
Dal basso verso l'alto si rilevano:
-dolomie neritiche del Giurassico-Cretacico;
-calciruditi con resti di Rudiste del Cretacico superiore e calcareniti del
Paleogene;
-calcareniti, calcilutiti, marne ed argille del Paleogene-Neogene.
I dati accennati evidenziano due differenti unità strutturali generate da differenti domini paleogeografici:
- l' "Unità Matese Orientale" che si riconosce nella parte esterna della 'Piattaforma carbonatica Laziale-Abruzzese-Campana';
- l' "Unità Matese Nord-Occidentale" che si riconosce nella 'Piattaforma Abruzzese-Molisana', più esterna di quella "Laziale-Abruzzese-Campana", e recentemente individuata (Sgrosso,1986;1988; Amore et alii, 1988).
In definitiva la ricostruzione paleogeografica del Matese nell'Appennino centro-meridionale deriva dall'esistenza pretortoniana dei seguenti domini paleogeografici :
-la Piattaforma Laziale-Abruzzese-Campana di cui ne è parte il Matese Orientale;
-il Bacino Molisano Interno;
-la Piattaforma Abruzzese ancora non definita nella sua area e stratigrafia strutturale;
-il Bacino Molisano Intermedio;
-la Piattaforma Abruzzese-Molisana ancora non definita nella sua area e stratigrafia strutturale.
Dal punto di vista dell' evoluzione paleogeografica le entità considerate sono dominate essenzialmente da:
-movimenti epirogenetici dal Trias superiore all' Aquitaniano, -movimenti trascorrenti connessi con la chiusura della Tetide nel Langhiano-Pliocene;
-fasi orogenetiche vere e proprie dal Pliocene medio-superiore che hanno determinato l'attuale configurazione.

Per il Matese in particolare si prospetta la seguente successione di eventi a partire dal Miocene:
-nel Tortoniano medio-superiore il Matese Orientale assume caratteristiche di avanfossa;
-nel Tortoniano superiore il Matese Orientale subisce una prima deformazione tettonica dovuta alla componente verticale delle spinte tangenziali (spinta africana);
-nel Messiniano inferiore sui depositi sinorogeni arrivano le falde sannitiche, il Matese Nord-Occidentale unitamente al Bacino Molisano diventano avanfosse;
-nel Messiniano superiore il Matese Orientale sovrascorre sui terreni della Piattaforma Abruzzese;
-tra il Messiniano terminale e il Pliocene inferiore il Bacino Molisano viene deformato e diventa parte della catena;
-nel Pliocene superiore e Pleistocene movimenti compressivi, distensivi e trascorrenti, rotazione di blocchi completano l'attuale assetto morfologico.

Il Matese Orientale nel Cretacico.
Nel Cretacico l'Unità del Matese Orientale è rappresentata da un alto strtturale persistente di piattaforma carbonatica caratterizzata da ambienti neritici colonizzati da singolari, numerose comunità bentoniche.
Nel Cretacico inferiore l'alto strutturale, interessato dalla tettonica compressiva cui è sottoposto l'Appennino centro-meridionale con direttrice est-ovest ed accavallamento verso nord, è distinto prevalentemente da ambienti lagunari , con sedimentazione di fango calcareo e sviluppo di comunità bentoniche a Rudiste s.l. , Nerineidi, Foraminiferi, Alghe.
Formazioni episodiche di ambienti di bordo di piattaforma colonizzati da comunità a Caprinidi e Radiolitidi si hanno nell'Aptiano superiore.
Nel Cretacico superiore l'evoluzione dell'alto strutturale porta alla formazione in particolare di estesi ambienti di bordo di piattaforma, con produzione di grande quantità di sedimenti sabbiosi , biodetritici e colonizzazioni a Rudiste s.l..
Dalla fine del Cretacico si attua un progressivo annegamento dell'alto strutturale con sviluppo di depositi di scarpata-bacino.
Grande evento è l'estinzione delle Rudiste.
Alla luce di tali considerazioni nel Cretacico del Matese Orientale possono essere distinte le seguenti facies principali, corrispondenti ad altrettanti ambienti ecologici (Accordi et alii, 1982; Accordi et alii, 1990).

- Facies di piattaforma carbonatica a circolazione aperta.
Gli ambienti sono lagunari in retrobordo della piattaforma, con acque basse ad energia medio-bassa; salinità normale tendente verso l'ipersalino; peloidi intraclasti e resti di fauna bentonica.
La colonizzazione riflette associazioni di Requienidi, Radiolitidi, Gasteropodi, Pernidi, coralli, microfauna bentonica (Cuneoline, Miliolidi, Textularidi, Orbitolinidi).
Le litofacies, secondo le caratteristiche ambientali, identificano: -wackestones e packestones laminati a peloidi e litoclasti che riflettono ambienti intertidali o alto-subtidali;
- packestones, grainstones a oncoidi che caratterizzano ambienti subtidali;
- wackestones a Requienidi, Nerineidi e Pernidi che indicano ambienti a circolazione moderata di acque;
- wackestones, packestones a peloidi e foraminiferi che indicano ambienti a circolazione moderata di acque;
- wackestones, packestones a Radiolitidi di aree protette;
- brecce che corrispondono a depositi correlati a movimenti tettonici all'interno della piattaforma.

- Facies di bordo di piattaforma.
Le aree connesse con la facies si rilevano nelle vicinanze del mare aperto e sono colonnizzate da rigogliose comunità bentoniche diversificate secondo la morfologia dei fondali e l'energia delle acque.
Le colonizzazioni comprendono Caprinidi, coralli, alghe rosse.
Molti fossili sono completi ed in posizione di crescita.
Le lito-biofacies distinguono:
- Rudstones a coralli e Rudiste con bioclasti a Radiolitidi, Caprinidi, coralli e resti di alghe, unitamente a litoclasti.
Questi sedimenti sono correlati con ambienti sottoposti ad alta energia delle acque.
- Grainstones, rudstones di spiaggia con lito-bioclasti ben arrotondati e classati in barre, spiagge e fondali bassi soggetti ad energia medio- alta delle acque.
Tali ambienti favoriscono la colonizzazione a Rudiste e coralli.
- Floatstones a Rudiste con produzione di sabbie bioclastiche e colonizzazione a Caprinidi, coralli ed alghe rosse.
- Wackestone a Nerineidi con peloidi ed intraclasti, con bioclasti bene arrotondati.


-Facies di piattaforma aperta-scarpata.
La facies è presente in particolare nel Cretacico superiore con sedimentazione di sabbie bioclastiche e colonizzazioni a Ippuritidi, Radiolitidi, coralli, echinodermi in ambieti subtidali.
Si distinguono:
- grainstones, rudstones a bioclasti di coralli e Rudiste;
- packstones a bioclasti di coralli ed echinodermi;
- grainstones, packstones a Ippuritidi e Radiolitidi;
- bancate a Rudiste s.l.;
-wackestones, packestones con foraminiferi planctonici.

-Facies di piede di scarpata-bacino.
La facies rappresenta la parte più esterna della piattaforma, influenzata pertanto dal bacino prossimale.
I litotipi sono biodetriti intercalati a peliti.
Vengono distinti in particolare:
- brecce,
- rudstones bioclastici,
- grainstones bioclastici,
- mudstones pelagico.

I fossili
I fossili del Matese, vari ed abbondanti, anche se non completamente rappresentativi di tutti i viventi che popolavano gli ambienti neritici accennati, si classificano in Ittioliti, Rettili, Anfibi, Crostacei, Lamellibranchi, Gasteropodi, Brachiopodi, Antozoi, Briozoi, Echinodermi, Poriferi, Anellidi, Foraminiferi, Alghe.
Predominano i Lamellibranchi con le RUDISTE che per la loro notevole diffusione denominano quasi tutte le cenosi delle successioni paleobiologiche.
La fauna a Rudiste è rappresentata da comunità caratterizzate da processi notevoli di speciazione stenoecia, a spiccato provincialismo, nell'ambito di popolazioni sia allopatriche sia simpatriche.
La speciazione si ritiene favorita e sostenuta essenzialmente da un'ampia verietà di biotopi che distinguono la Piattaforma Carbonatica del Matese Orientale e che evolvono lentamente nel tempo.
Tale fauna, pertanto, si presenta distribuita in popolazioni ad alta diversità tassonomica alternate nel tempo a popolazioni endemiche.
Le Rudiste
Col nome generico di Rudiste, dal latino 'rudis', si indicano alcune famiglie di bivalvi che vissero in particolari ambienti del Cretacico, sviluppando le loro strutture inusuali, caratterizzate, tra l'altro, da una valva fissa al substrato generalmente più grande dell'altra fungente da opercolo.
Per la loro forma anormale questi strani organismi sono stati classificati prima tra i Poriferi, poi tra i Celenterati, ed infine, dopo un'accurata indagine morfologica e filogenetica, sono stati riconosciuti per molluschi bivalvi, strutturati in spinta specializzazione che determinò, quando verso la fine del Cretacico mutarono le condizioni ambientali, prima il loro declino, probabilmente per collasso genetico, poi la loro estinzione.
Le Rudiste prosperavano e si riproducevano in ambienti neritici ad acque limpide, bene penetrate dalla luce, calde, senza variazioni sensibili di temperatura e salinità, bene ossigenate, favorite da correnti moderate.
Alte da qualche centimetro fino ad oltre un metro, questi singolari bivalvi, per la loro costituzione altamente competitiva, si affermarono come organismi dominanti tra i sessili, condizionando nella espansione specialmente i Coralli, i quali, legati a processi lenti di riproduzione e crescita (colonialismo), furono relegati in ambienti ristretti e sostituiti nella costruzione delle scogliere.
Le Rudiste hanno una notevole importanza stratigrafica perché, caratterizzate da una singolare, diversificata e spinta evoluzione, sono utilizzate per definire la scala dei tempi relativa al Cretacico di facies neritica tropicale.
Per questo esse sono considerate buoni fossili guida, ovvero indicatrici di età.
Nel contesto del mare del Cretacico, occupato attualmente dall'area dei Monti del Matese, le Rudiste vivevano in ambienti bioermali e biostromali.
Gli ambienti biostromali erano distinti da fondali di piattaforma carbonatica a circolazione aperta delle acque.
Gli ambienti bioermali erano scogliere organogene distribuite ai margini della piattaforma carbonatica e isolatamente nel suo interno.
Attualmente i loro resti fossili, spesso in posizione di vita, si rinvengono in bancate stratificate di calcare organogeno e in strutture tabulari o a barriere.
Allo stato attuale delle conoscenze, tra i calcari del Matese si trovano le seguenti specie di Rudiste, elencate secondo la sistematica proposta da M. Mainelli in occasione della Seconda Conferenza Internazionale sulle Rudiste del 1990.

Testi tratti da "Itinerari paleontologici nel matese orientale" di Michele Mainelli
 

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